“Officina Temporis” e il laboratorio di Archeologia Sperimentale  

lezione teorica sul laboratorio di archeologia sperimentale e sulle tecnologie antiche.

Il 7 ottobre 2016 si è tenuto primo incontro con gli studenti delle cinque prime classi del Liceo Scienze Applicate e dell’Itis dell’Istituto “A. Meucci” di Castelfidardo”.

Gli studenti, con l’aiuto degli esperti Alberto Rossi ed Elena Ciccarelli, hanno assistito ad una lezione teorica sul laboratorio di archeologia sperimentale e sulle tecnologie antiche, attività svolte poi praticamente nelle settimane successive. Mentre nell’anno scolastico precedente gli studenti avevano realizzato una capanna preistorica con canne, fango e paglia, sul modello di un manufatto ritrovato nelle vicinanze del fiume Musone, quest’anno il laboratorio del primo periodo dell’accoglienza è stato incentrato sulla produzione ceramica nella Preistoria.

Gli archeologi, che collaborano con il nostro Istituto, sintetizzano con tali parole la propria attività: “Officina Temporis nasce dalla nostra passione per l’archeologia sperimentale nata e cresciuta nel corso dei nostri studi universitari. Consci del grande contributo che l’approccio sperimentale e “pratico” può fornire alla ricerca archeologia, siamo anche profondamente convinti che tale approccio, applicato alla divulgazione e alla didattica, sia fondamentale per avvicinare all’archeologia anche i non addetti ai lavori.

La nostra attività tratta varie tematiche e differenti tipi di tecnologie antiche, dalla scheggiatura della selce alla ceramica, dalla lavorazione dei metalli alla tessitura e tintura naturale”. (http://officinatemporis.altervista.org/).

Il primo incontro si è svolto nella biblioteca dell’Istituto; qui i ragazzi hanno incontrato Alberto ed Elena, che hanno illustrato alle classi gli obiettivi e le finalità del progetto, attraverso delle “slide” nelle quali venivano spiegate le diverse lavorazioni dei vasi in terracotta, le varie componenti, le decorazioni, i metodi di cottura e di conservazione dei manufatti. Terminata la spiegazione uno degli esperti ha posato su un tavolino, vicino alla cattedra, dei vasi antichi che tutti gli studenti hanno potuto ammirare e toccare. Successivamente gli archeologi sperimentali sono tornati a scuola e si sono recati nelle classi coinvolte proponendo una fase pratica di manipolazione.

I ragazzi hanno trovato sui propri banchi delle palle di argilla morbida e avvolte nella plastica. Questi archeologi hanno fornito agli studenti indicazioni sul da farsi: occorreva innanzitutto cercare di modellare l’argilla per ottenere un vaso simile al modello messo a disposizione per la comparazione. La tecnica che gli alunni dovevano seguire era quella primitiva, che tendeva a formare la base del vaso di forma circolare, per poi adagiarvi sopra dei piccoli “serpenti” d’argilla, che andavano arrotolati e posizionati uno sopra l’altro fino a riprodurre la forma del vaso.

Ogni volta che un rotolino d’argilla veniva posizionato sopra ad un altro i ragazzi dovevano cercare di fonderli con le mani senza creare crepe e fessure di sorta. Ultimata questa seconda fase, piuttosto divertente e creativa, è iniziata la terza fase: coloro che avevano terminato la manipolazione dovevano procedere con la costruzione di piccoli coni, da attaccare alla parte esterna, l’uno di fianco all’altro, con le punte ravvicinate di pochi millimetri. All’apparenza poteva sembrare un lavoro facile; in realtà per i ragazzi è stato un passaggio molto impegnativo, perché bastava il minimo errore per dover ricominciare tutto da capo. Alcuni giorni dopo le classi sono state invitate dagli esperti a uscire fuori nel cortile della scuola per prepararsi ad osservare la cottura dei vasi. Prima di questo processo, però, c’è stata una fase di preparazione, ovvero le classi – una volta in cortile – hanno spostato dei pezzi di legno in un punto del giardino, dividendoli per grandezze. Successivamente hanno dovuto scavare una grande buca per depositarvi il vasellame.

Questa fase di preparazione è durata circa un’ora. Gli esperti poi hanno iniziato a sfregare alcune pietre per cercare di produrre la fiamma. Tale processo è stato molto lungo perché in quei giorni il clima era particolarmente umido. Alla fine, dopo diversi tentativi, il fuoco è stato acceso con successo e così, una volta alimentato il braciere, i vasi sono stati posizionati di fianco ad esso e lasciati lì a cuocere per alcune ore. Terminata questa particolare e stimolante attività, gli esperti hanno concesso agli studenti l’opportunità di fare domande e di chiedere spiegazioni riguardo alle fasi del processo di cottura. Il giorno seguente alla cottura dei vasi, gli alunni si sono recati nel cortile per osservare i loro manufatti riportati alla luce. Essi, infatti, erano stati sotterrati in una buca, per eliminare l’ossigeno. Questa esperienza è stata molto significativa e formativa per gli studenti, i quali hanno appreso nuove conoscenze e antiche tecniche del lavoro artigianale preistorico, divertendosi e utilizzando spazi e materiali diversi da quelli che solitamente si usano in ambito scolastico.

Si può, quindi, concludere dicendo che anche quest’anno l’attività per l’accoglienza ha riscosso un enorme successo promuovendo sia l’approccio ad alcune competenze, che saranno progressivamente sviluppate, sia la prima fase di socializzazione.

Prof.ssa Raffaella De Sanctis

(Addetto Stampa per la Sede di Castelfidardo)